Google dà i numeri

Google ha spiattellato qualche dato in attesa della prossima e iper-annunciata IPO. Tralasciando i particolari su fatturato, profitti e quant’altro, che è robetta interessante per chi avrà un gruzzolo da investire in quel meccanismo un po’ perverso che vien chiamato “asta all’olandese“, io mi soffermerei sui seguenti, fondamentali, aspetti:

Sergey Brin prende uno stipendio di 150.000 dollari più 200.000 di bonus una tantum e vive in affitto in un bilocale o giù di lì.

Larry Page, chissa perchè, è di fatto l’azionista di maggioranza perchè possiede 38,6 milioni di dollari di capitale contro i 38,5 di Brin. Avranno fatto a testa o croce.

– posto che i dipendenti di Google sono esattamente 1.907 e appurato attraverso quelli che se ne intendono che la fabbrichetta alla fine potrà valere intorno ai 15 miliardi di dollari, se ne deduce che se tutta la baracca girasse intorno al capitale umano (e così come ovvio non è) ogni dipendente varrebbe quasi 8 milionidi $. Stimo che alla Fiat di Melfi il rapporto sia leggermente diverso.

V-commerce con faccia da pirla

Il quesito non è certo fondamentale ma mi domandavo : per pubblicizzare una qualsiasi cianfrusaglia nei siparietti by Mediaset di “Media Shopping” è assolutamente imprescindibile una faccia da pirla di categoria olimpionica ?

Un anno di iTunes

Ieri si festeggiava il primo anno di attività di iTunes che in questi primi 365 giorni ha venduto circa 70 milioni di brani.

Per l’occasione Apple ha annunciato alcune nuove funzioni e l’estensione o la riduzione di alcune già presenti (ad esempio i computer su cui si potranno ascoltare i brani passano da 3 a 5, mentre il numero di volte che si potrà masterizzare la stessa playlist viene ridotto da 10 a 7).

Per la cronaca Steve Jobs ha detto che è contento.

PS : Come sospettavamo la promozione dei tappini Pepsi ha preso spesso la strada del cassonetto, nonostante certi trucchi a disposizione : Apple ha calcolato che sui 100 milioni di canzoni disponibili da scaricare gratuitamente ne sono state portate a casa solo 5 milioni.

(tutto via C.net news)

Inventarsi Google e vivere modestamente

Secondo il papà di Sergey Brin, fondatore insieme a Larry Page di quella cosetta chiamata Google, il figliolo non è che faccia una vita da nababbo.

He is renting a two-bedroom apartment, he drives a Toyota Prius,” he said of the hybrid gas-electric car that sells for around $20,000.

Uno si immagina che se hai inventato uno strumento che centinaia di milioni di persone nel mondo usano ogni giorno cominci a vivere in un altro pianeta ed invece il papà gli telefona e lo becca con i roller ai piedi:

He was rollerblading on the campus of Stanford University. He was with (fellow co-founder) Larry Page and his girlfriend,” Michael Brin said. “They were just rollerblading. They were not discussing world important issues or something like that.

La domanda ora è : con quel gruzzoletto di milioni di dollari che entreranno con la quotazione in borsa di Google Sergey se li comprerà un paio di roller nuovi ?

Lui ha inventato l’iPod

<%image(20050320-20040427-tonyfadell.jpg|92|120|Tony Fadell papà ipod)%>Per i fanatici del player di casa Apple che ancora non lo sapessero quello nella foto a fianco è Tony Fadell, ingegnere nonchè papà dell’iPod.

Se volete con l’immagine potete farci un santino.

Il bello della differita

20 secondi per rimediare a cosacce che non devono finire in onda. Pare che le radio americane acquistino sempre più di frequente aggeggini per ritardare di qualche decina di secondi le proprie trasmissioni. Giusto il tempo per infilare qualche bip al posto giusto. La tetta superbolica di Janet Jackson insegna.

update : L’aggeggio deve essere piaciuto anche dalle parti della Rai che a quanto pare manderà in onda il concertone del 1° maggio in differita di 15-20 minuti per evitare pericolose uscite per la sorte dei 3 ostaggi italiani in Iraq. (Eh ??)

Se il mio Pagerank fosse 100

Il potere di Google. Se un giorno per un imprevedibile bug vi capitasse di avere un Pagerank pari a 100 la vostra vita cambierebbe radicalmente e potrebbe finire così.

…And three months later indeed Josh was a celebrity. Every of his words got quoted somewhere. CNN. ABC. BBC. Slate. Wired. Daily Mirror. New York Times. Some opened up daily Josh-columns. Josh never imagined there would be so many journalists around spicing up their story with a random quip they just googled. There were Josh fan forums. There were sites dedicated to post essayist comments on Josh’s posts. Illustrations. Explanations. Discussions.”

..So when Josh talked about Iraq, the President had to give a press meeting. When Josh found that his Operating System was buggy, Bill Gates had to announce to do everything to better help the “average user”. (Josh was mildly annoyed by being considered an average user, so Bill Gates had to call in yet another press conference promising not to think in terms of “average users”.)

Accade a Falluja

Renato Caprile come sempre riesce a fare egregiamente il suo lavoro di inviato. E’ entrato a Falluja di nascosto con la Croce Rossa e ha descritto questo.

Credo che sia venuto il momento non solo per i media tradizionali, ma anche per i blog di cominciare a raccontare tutta la verità su Falluja e farla girare.

25 aprile, la libertà e ( o è ) un paio di scarponi

Oggi si racconta la storia del 25 aprile 1945 con gli occhi di un bambino che anni dopo la racconterà ad un altro bambino. E’ una storia vera, di un posto vero tra la pianura e la montagna. Come tutte le storie sulla bocca e negli occhi dei bambini si deforma, ingigantisce, divaga volentieri su sentieri fantasiosi e lascia per strada nomi e luoghi. Così se a qualcuno vien voglia di pignolare su certi particolari bislacchi o ha la tentazione di far le pulci a talune presunte incongruenze storiche, bontà sua, non scocci troppo.

A Giacomino quel giorno gli era girata così. Gli andava di fare botti e andare a pesca e aveva ben pensato di unire l’utile al dilettevole. Non c’è micca da farsi ingannare dal nome perchè Giacomino della banda di mocciosi ch’eravamo era quello con più chili e più fegato. Così stavamo tutti sulla riva del torrente pronti per andare a cavedani con le bombe a mano prese in prestito ai crucchi.Noi i tedeschi praticamente ce li avevamo in casa. S’erano piazzati armi e bagagli lì a due passi. C’enerano di quelli con certe facce da disgraziati che non sganciavano un sorriso neanche a calci negli stinchi. A quelli lì gli avrei mollato volentieri due pedate nel culo, ma mi mancava ancora l’altezza giusta e la voglia di lasciarci la pelle.

Poi c’erano anche quelli che c’avevano una faccia da tognone, che non avrebbero fatto male a una mosca. Figli di mamma che un bassotto coi baffetti c’aveva spedito giù in Italia con la gentile collaborazione di quell’altro che ogni volta che mio padre leggeva il giornale gli diventava la faccia rossa e per una buona mezz’ora andava avanti a pregare accidenti assortiti e mugugnati. Facile indovinare che la categoria dei tognoni era quella più sensibile alla mano lesta di Giacomino.

Già alla prima pescata facemmo un baccano che ci sentì distintamente, tre chilometri più su , anche Pirott, al secolo Giovanni Pirotti, nonno di Carletto e noto per essere sordo come una campana. Si racconta che il pomeriggio che gli americani sganciarono un bel po’ di bombe vicino a casa sua i parenti se lo dimenticarono nell’aia dove rimase a sonnecchiare sulla sedia durante tutto l’ambaradam. Quando, usciti dal rifugio, gli spiegarono la faccenda ci mancò poco che ci rimanesse di botto. Da quel giorno Giovanni Pirotti detto Pirott abolì il riposino pomeridiano.

Nessuno di noi si preoccupò dei pesci che venivano a galla, c’era da far girare le gambe alla svelta e tagliare la corda.

Nel tornare a casa sapevo già cosa mi aspettava. Toccava solo cercare di fare la faccia più innocente del mondo e sperare di schivarle grazie alla mediazione di mia madre. In casa mio padre non proferì parola, mi mollò un manarverso neanche dei più micidiali, di quelli per intendersi che ti lasciavano il rosso per tutta la sera e la cosa finì lì. In fondo non andò male, anche perché in quei giorni mio padre era di buon umore. La guerra stava per finire, forse era questione di settimane, forse di giorni.

Di quel buonumore godeva anche mio zio Giuseppe. In più c’aggiungeva una strana eccitazione. Da un po’ di tempo faceva su e giù dal solaio in continuazione. Saliva furtivo e tornava giù sfregandosi le mani. Un giorno mi venne il bozzo di capire quale diavolo di tesori nascondesse e così senza farmi notare mi infilai dietro di lui in soffitta. Nel marasma di cose sparpagliate e ammucchiate mio zio andò dritto e deciso alla vecchia stufa e dopo aver sgarbugliato un filo di ferro tirò fuori un paio di lucidi scarponi nuovi di zecca. Ecco il suo tesoro.

Ora c’è da sapere che mio zio l’avevo sempre visto girare con due robacce ai piedi che chiamarle scarpe ci voleva una bella fantasia. Andava via anche un po’ sghembo per il fatto che quella sinistra c’aveva un buco nella suola che ci poteva passare un carrarmato.

La sera a cena chiesi riservatamente spiegazioni della faccenda del ‘tesoro’. A mio padre venne un sussulto di risata, poi mi raccontò che quei benedetti scarponi mio zio li aveva comprati con un po’ di risparmi all’inizio della guerra e che li aveva custodi segretamente e gelosamente per sfoggiarli l’attimo esatto in cui tutto questo casino fosse finito. Insomma il giorno della Liberazione lo zio avrebbe festeggiato con ai piedi le più belle calzature di tutto il circondario.

Finalmente anche quel giorno arrivò. Già la parola era stata fatta passare dai partigiani : tutti nei rifugi o barricati in casa che se gli Alleati vedono solo una finestra aperta ci mettono due secondi a fare il tiro al piccione.

I tedeschi fecero relativa resistenza. I più se l’erano data a gambe poco propensi a lasciarci la pelle in ultimo per quel coglione con i baffetti. Dal rifugio si sentiva lo scambio di colpi di mitraglia. Qualche minuto e la battaglia sarebbe finita com’era scritto che doveva finire. Prima però ci scappò il botto, quello grosso, di non so quanti millimetri, che doveva essere partito dal carrarmato americano che stava in testa alla colonna.

Da come lo sentimmo fischiare e dal fracasso che ne derivò calcolammo con una certa approssimazione che non doveva aver colpito troppo lontano. In un attimo sulla faccia di mio zio quell’approssimazione si fece certezza quando gli tornò alla mente quell’unica finestra della casa che non aveva scuri da chiudere: era la finestra della soffitta.

La guerra era finita. Mio zio quel giorno scartabellò un po’ tra le macerie. Riuscì a tirarne fuori solo una suola bruciacchiata e pure sinistra. Poi se andò a festeggiare con tutti gli altri la libertà di quel 25 aprile 1945, con le suole bucate ma la faccia felice.

L’italiano inaccessibile

Da leggere il divertente intervento di Michele Diodati “L’italiano inaccessibile: la tremenda fatica di complicare le cose semplici”.

In diversi contesti di vita quotidiana c’è chi viene colto da un “virus complicatorio” e regala sprazzi di una strana lingua: dalla macchinetta timbra biglietti ai comunicati ospedalieri, alle interviste dei militari di ritorno dall’Iraq.

Scriveva a suo tempo Italo Calvino :

Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: «Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti questi fiaschi di vino dietro la cesta del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata». Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: «Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pranzo pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante».

Ogni giorno, soprattutto da cent’anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua inesistente

(via liberoaccesso.it)

Spam distribuito

Mettere a disposizione il proprio computer per spedire in giro per la Rete tante e tante mail. In cambio 5 dollari iniziali e 1 dollaro per ogni ora in cui il software “VirtualMDA” della Sendmails Corporation sarà in funzione.

Inutile dire che la parola SPAM è molto più di un sospetto, anche perchè lo stesso management dell’azienda ammette che questo “modello distributo” è fatto per aggirare le black-list.

Considerando il volume di spam che si può produrre in un’ora quelli di Sendmails sono stati pure tirchi.

(fonte Wired)