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La Promised Land tibetana

Venerdì scorso un’immensa frana ha interessato la valle di Gyama, 70 chilometri ad est di Lhasa.

Sotto 2 milioni di metri cubi di detriti e sassi sono rimaste sepolte, secondo le stime ufficiali, 83 persone. Dopo cinque giorni sono stati recuperati 59 corpi.

Per dare un ordine di grandezza: nel disastro di Stava precipitarono a valle circa 180.000 metri cubi di fango.

Il governo cinese ha parlato subito di “disastro naturale“. Purtroppo di naturale a Gyama c’è rimasto ben poco.

E’ infatti la sede di una delle più grandi miniere di rame, oro e altri metalli di tutta la Cina e potenzialmente fra le più grandi al mondo.

E’ uno dei simboli materialmente più evidenti di come la Repubblica Popolare consideri strategico l’altopiano per le risorse del sottosuolo.

Gyama, luogo di nascita di Songtsen Gampo fondatore dell’impero tibetano, ha visto nel recente passato tutto quello che si può ritrovare nella sceneggiatura di un film del genere “Promised Land“: inquinamento, grandi affari per i colossi aziendali, spiccioli per i residenti. Solo che questa non è la provincia americana, ma l’infinito Tibet e Hollywood è lontana. A raccontare la storia di questa valle c’è rimasta Tsering Woeser, scrittrice, attivista e blogger.

Tsering ha scritto del fiume “spostato”, dell’inquinamento dell’acqua, dei capi di bestiame morti, della scontri tra han e tibetani, della repressione della polizia, delle briciole che rimanevano ai locali.

<%image(tibet frana miniera.jpg|600|399|tibet frana miniera)%>Poi nel 2007 il governo cinese ha deciso che Gyama doveva diventare un esempio di “miniera verde“. Tutto è finito in mano al colosso statale China Gold International. Ma più che altro il progetto prevede di far diventare questo angolo di Tibet una “miniera d’oro” che in 30 anni deve portare profitti per quasi 4 miliardi di dollari e saziare la fame di materie prime della superpotenza cinese.

Ieri alla riapertura della borsa di Honk Kong le azioni della “China Gold International” hanno perso il 10% del valore. Se ne saranno preoccupati anche i grandi fondi di investimento internazionali partner del governo cinese nella società.

Il Tibet è lontano, ma i soldi sono vicini.