Josepha e gli altri

Verde. Dov’è quella maledetta corda verde.

Oggi su Avvenire Nello Scavo ci riporta dell’incontro con Josepha e del lento miglioramento delle sue condizioni da quel mattino del 17 luglio 2018, quando Open Arms la recuperò su un gommone in mezzo al Mediterraneo, ormai sfinita, assieme al cadavere di un’altra donna e a quello di un bambino.

Ricostruire cosa è accaduto a Josepha e ai suoi compagni di viaggio (quelli vivi e quelli morti) mi è parso da subito un modo per ridare umanità e senso alle storie delle migliaia di persone che hanno tentato di attraversare il mare in questi anni. 

L’ho fatto in due post nei giorni immediatamente successivi al ritrovamento, cercando di mettere insieme più fatti possibili: tracce gps,  immagini, video, comunicati. I due post sono questi:

Tutti gli elementi di fatto dicono che Josepha, assieme all’altra donna e al bambino, è stata abbandonata (forse perché ritenuta morta) dopo che il gommone è stato intercettato dalla “guardia costiera” libica.

Quale unità della “guardia costiera” libica è responsabile di questo intervento e dell’abbandono in mare ?

Verde. Dov’è quella maledetta corda verde.

Il 16 luglio 2018 ci furono due interventi della “guarda costiera” libica. Uno a 26 miglia nautiche da Homs, che è avvenuto di giorno (tanto che organi di informazione locali lo riportavano già nella prima serata del 16 luglio) e uno a circa 80 miglia nautiche dalla costa libica, effettuato nella tarda serata (intorno alle 22.00) dalla motovedetta “648 Ras Al Jadar” su cui era imbarcata per un servizio anche la giornalista tedesca Nadja Kriewald.

Quest’ultimo intervento è compatibile per posizione ed orari con la segnalazione del porta container Triades e con la zona di recupero del gommone di Josepha da parte di Open Arms.

Era lo stesso gommone ? La testimonianza di Nadja Kriewald, utilizzata da molti (compresi Viminale e autorità libiche) per evidenziare il corretto comportamento della “guardia costiera” libica, indurrebbe a pensare di no. In verità la versione della giornalista tedesca è meno assertoria e più sfumata, come riferita nell’immediatezza dei fatti dal collega Udo Gumpel: 

non può confermare certamente, data la situazione notturna, che dopo il trasbordo dal gommone a bordo della nave non ci fosse rimasto nessuno a bordo

Oltre alle parole di Nadja Kriewald, su quanto accaduto quella sera, possono testimoniare le immagini girate dal suo operatore finite poi in diversi servizi tv. 

Dall’analisi di quelle immagini finora erano emersi diversi indizi di una straordinaria identità tra il gommone soccorso dalla “648 Ras Al Jadar” e quello trovato la mattina dopo da Open Arms.

I due gommoni erano identici per dimensione, forma, colore e particolari.

Ecco, i particolari.

L’obiezione legittima è che molti gommoni di trafficanti si assomigliano.

Questi due però sono identici anche in una coincidenza davvero sorprendente: entrambi sulla poppa (uguale per sagomatura e colore) presentano nella stessa identica posizione due segni rossi di vernice fatti a mano.

Una coincidenza straordinaria a cui se ne aggiunge un’altra.

Molte volte ho guardato la foto che ha scattato Pau Barrena prima che gli uomini di Open Arms recuperassero Josepha. In quella foto il gommone è ancora “integro”, sgonfio ma integro. Si vedono i corpi delle tre persone a bordo, si vedono i segni rossi sulla poppa e poi, tra i molti resti, quella corda verde legata a tribordo (il lato destro).

Il corpo della donna morta nel naufragio al largo della Libia, 17 luglio 2018 (PAU BARRENA/AFP/Getty Images)

L’altro giorno ho letto che Libyen – Rettungs-Aktion mit der Küstenwache (il titolo del servizio di Nadja Kreiwald sulla Ras Al Jadar) è tra i candidati del premio “German Human Rights Film Awards” e così l’ho cercato e l’ho guardato su Youtube.

Non era ovviamente la prima volta, né la seconda, né la terza. Forse la centoventesima.

Oltre a cercare sempre inutilmente di individuare nelle immagini buie e sgranate il fantasma del volto di Josepha, avevo cercato e trovato, a suo tempo, i segni rossi sulla poppa.

E niente di più.

Niente più, a parte quel tizio strano che compare brevemente nei filmati e che si muove con agilità e arroganza in mezzo alla folla del gommone. Giovane, cappellino buttato indietro, vistosa collana addosso, stonava con il resto del gruppo di migranti.

Ma attirato da lui e dal suo essere quasi “fuori luogo” non avevo notato fino ad oggi che, in un frammento di immagine, il tizio strano cerca di facilitare “l’abbordaggio” tra le due imbarcazioni assicurandosi al gommone.

Lo fa legandosi malamente a tribordo con una corda.

Sì, quella maledetta corda verde.


(ps: sarebbe utile che NTV mettesse a disposizione del pubblico tutto il girato di quel 16 luglio)