Quello che non racconteremo mai di Gaza

Quando nella primavera scorsa la Cina sigillò il Tibet ai giornalisti, le proteste e le denunce all’opinione pubblica di certo non mancarano.

Mi pare ce ne siano state meno, ma può essere soltanto un’impressione, da quando Israele impedisce l’ingresso nella Striscia di Gaza alla stampa internazionale.

Intanto Barbara Schiavulli lascia il fronte:

Non abbiamo potuto raccontare le mamme di Gaza che stringono i loro figli e li costringono a dormire in corridoio per paura di qualche proiettile vagante. Non abbiamo raccontato degli ospedali straripanti, della mancanza di sangue, di quelli che dovevano andare a fare la chemioterapia. Non abbiamo raccontato dei fratellini uccisi mentre giocavano. Delle case bombardate con la gente dentro. Non abbiamo raccontato delle urla di dolore, delle ossa che si sgretolano sotto il peso di un soffitto che crolla. Non abbiamo raccontato dei bambini che hanno visto morire i genitori, di quelli che hanno perso un braccio o una gamba. Non abbiamo raccontato il buio delle notti senza elettricità, la mancanza di cibo e di speranza. Neanche il terrore degli animali che tremavano sotto i bombardamenti. Quasi 900 morti. Quasi novecento storie. Che non saranno mai raccontate, perché anche il giorno che entreremo, sarà troppo tardi.