Io e Camillo

<%image(Io e Ruini.jpg|780|575|io e camillo ruini)%>E’ cominciata molti anni fa la storia tra me e Camillo.

All’inizio c’avevo i capelli a scodella e la faccia un po’ meno da pirla. Il cappotto era quello buono (come da foto a fianco cliccabile) , la scala mobile non c’era più ma in compenso Luis Miguel andava alla grande.

Quel giorno fu per pochi attimi. Il tempo di una strofinata d’olio santo. Non ricordo a cosa pensavo sul momento. Quasi certamente ad una stronzata o alla ragazzina del terzo banco a sinistra.

Di certo non pensavo che di lì a qualche anno avrei incrociato di nuovo i geni di Camillo. In Emilia non tira aria di metropoli e di gradi, alla “teoria della separazione“, da queste parti gliene basta uno. Due a stare larghi.

Capitò così che i miei vaneggiamenti durante le interrogazioni di italiano e a latino al liceo fossero affidati, per qualche anno, alla santa pazienza di una Ruini, sorella del più noto.

Lui ormai era lontano. Volato a Roma per una carriera in ascesa.

Gli anni intanto passavano e di Camillo mi arrivavano solo notizie di terza mano.

Poteva andare a finire come va a finire certe volte con quei vecchi compagni di scuola persi di vista: se va bene ti dicono “ha aperto un casinò in Venezuela“, se va male ti sussurrano “non sai ? è crepato 2 anni fa“.

Ma Camillo non è uno da aprire casinò in Venezuela, nè da lasciarci le penne in silenzio.

E così il vicario pontificio della diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana rientrò nella mia vita.

A modo suo.Con Camillo cominciammo a sentirci sempre più spesso e parlavamo di tutto. In verità più che altro parlava lui. Anzi, parlava solo lui. Cellule staminali, fecondazione assistita, referendum, quorum da mancare, pacs, dico, come nascere, come morire.

Ed è stato forse quel giorno lì, quando si è parlato di morte, che io e Camillo ci siamo persi. E’ stato quel giorno li, davanti alla bara di Piergiorgio Welby in piazza, fuori dalla chiesa. In quel momento, se avessi avuto ancora i capelli a scodella e il cappotto buono forse gli avrei detto di andare dritto a quel paese.

Oggi Camillo non lo sento più. Parla, ma è come se avessi eliminato la frequenza giusta.

Pazienza.

Del resto anche Luis Miguel non lo ascolto più da vent’anni. E in fondo non è andata poi così male.