Lo scontro di civiltà di Bonciarini

Quel giorno il Bonciarini si presentò di buona mattina alla scuola media del figlio Arturo, giù in città, con il pressante intento di parlare a tutti costi con il preside. Da qualche tempo Arturo gli era tornato su a Poggio Alto con delle strampalate idee messe in testa dalla professoressa Vanzetti.

“Lei mi deve esentare l’Arturo dalle lezioni di fisica”.

“Bonciarini mi spiace ma non si può, fisica non è materia opzionale e poi Arturo è anche portato ! Perchè poi vorrebbe farlo smettere ?”

“Perchè la Vanzetti, quella di fisica, va dire in giro che è solo vapore acqueo”

“Scusi ma non ho capito”

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Fifa e Anita, una storia per Alice.

Qualche anno fa mi capitò di leggere la storia di Anita “Laila” Malavasi. Secondo me sarebbe piaciuta anche ad Alice Sabatini, neo Miss Italia. Perchè una singola storia a volte vale molto più di “pagine e pagine”.

“Sono diventata partigiana dopo l’8 settembre 1943, a Reggio Emilia. Facevo trasporto munizioni, stampa, vettovagliamento. Poi, in montagna, mi hanno insegnato le armi, come usarle e accudirle. Il mio nome di battaglia era «Laila». Lo presi da un romanzo che raccontava di una ragazza in Sud America che combatteva al posto del suo fidanzato ucciso. Ero una bella ragazza, ma noi eravamo state educate severamente, anche nel modo di vestire. Però sfruttavamo la nostra bellezza. Quando, con le armi addosso, passavo al posto di blocco in bicicletta mi mettevo la gonna stretta e fingevo di abbassarmela, loro, fessacchiotti, fischiavano e io passavo.

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Una foto non salverà il mondo

Nel luglio del 1994 Kevin Carter collega il tubo di scappamento della sua auto all’abitacolo e si suicida. Tre mesi prima aveva vinto il premio Pulitzer con una foto scattata in Sudan nel 1993. L’immagine era questa.

Nel giugno del 1972 Horst Faas, responsabile di Associated Press, decise di pubblicare una foto ancor oggi conosciutissima (qui sopra).

La storia, da alcuni decenni, è ricca di foto controverse ma di grande impatto sull’opinione pubblica.

Quindi l’immagine di oggi che ritrae un bambino siriano affogato sulla spiaggia turca di Bodrum deve essere pubblicata ?

Non lo so. Ho certamente molti dubbi. Non rischiamo di spingere sempre più avanti la soglia dell’indignazione ? Siamo a rischio d’assuefazione ?

Una foto non salverà di certo il mondo, soprattutto questo mondo.

Ma se salvasse anche una vita sola, non ne sarebbe valsa la pena ?

le rondini migrano

Migranti

Han fatto migliaia di chilometri, qualcuno non ce l’ha fatta, qualcun altro non ce la farà. Hanno passato il deserto,  attraversato il Mediterraneo.

Viaggi che non immagineresti mai.

Cercano condizioni di vita migliori, cibo, acqua, un posto dove crescere.

Saltano confini, ignorano divieti, oltrepassano muri.

Non si fermano.

Erano a centinaia oggi accampati in mezzo al verde qui fuori. Per riposarsi, per mangiare.

Se temete, non temete: ripartiranno.

Perchè le rondini migrano, come fanno molti esseri viventi sul Pianeta Terra da migliaia di anni.

Migrano, le rondini.

everest

Il lato sbagliato dell’Everest

A Venezia ad aprire le danze arriva “Everest” con il 3D, un cast di grandi nomi e con la sceneggiatura firmata da gente abituata alle serate dell’Academy Awards come Simon Beaufoy (The Millionaire e 127 ore) e William Nicholson (Il Gladiatore). La storia è quella, arcinota nel mondo dell’alpinismo, sulla tragedia avvenuta nel maggio 1996 sulla montagna più alta del pianeta. Jon Krakauer, aggregato dalla rivista Outside ad una delle spedizioni coinvolte, ci scrisse prima un lungo articolo e poi un libro di grande successo “Into Thin Air“.

Anche gli altri protagonisti sopravvissuti a quei giorni sulla montagna pubblicarono libri, in totale una decina, tra di loro Anatoli Boukreev (che morirà l’anno dopo sull’Annapurna) e Beck Weathers che verrà dato per morto e spacciato almeno un paio di volte. Parecchi di questi libri si possono comprare su Amazon usati a 1 centesimo.

Un nome che probabilmente non troverete nel film è quello di Tsewang Paljor, un alpinista indiano che morì nella stessa tempesta del 10 maggio 1996: scalava insieme ai suoi compagni l’Everest dalla parte nord. La parte sbagliata della storia.

Di Tsewang rimane il corpo a 8.500 metri, conosciuto tra gli alpinisti come “green boots” per il colore degli scarponi. E’ diventato una sorta di segnavia  nella salita al tetto del mondo.

tassa condizionatori

Altro che tassa sui condizionatori

Non è una tassa e non c’entra nemmeno il governo Renzi (avete molti più validi motivi per farvelo stare antipatico). E’ che in estate i meccanismi della comunicazione sono ancora più bislacchi.

State discutendo di tasse sui condizionatori perchè probabilmente uno stagista di un’associazione di consumatori (Federconsumatori per la precisione) ha mandato in giro un arguto comunicato stampa pensando: fa caldo –> i condizionatori sono al massimo –> parliamo di quel decreto dello scorso anno sull’efficienza energetica —> semplifichiamo un tanto al chilo —> ci metto la parola tassa che gli italiani la odiano —> me la pubblicano di sicuro.

Gliela pubblicano sì. E senza neanche a star a far tante verifiche. Chi sono io giornalista per rinunciare a migliaia di click indignati ? L’unico fesso del villaggio ?

Se considerassimo anche l’informazione come un impianto energetico, tutto questo sarebbe davvero un grande spreco di energie. Comprese queste quattro righe. Perdiamo tutti un sacco di tempo.

La tassa sul pressapochismo ci vorrebbe, altro che.

(la foto è di Matt Hintsa)

Damar Project

I piccoli miracoli di Damar

Damar è il nome di una manciata di case sperdute nel Nepal profondo, fuori da qualsiasi rotta turistica o commerciale. Per raggiungerlo ci vogliono 3 o 4 giorni a piedi dall’ultimo avamposto di “civiltà”, ovvero il villaggio di Jiri (meno di 10.000 abitanti).

Damar è il luogo dove è nato il mio amico Ngima, lasciato anni fa per lavorare, ma mai dimenticato. Un posto dove si sopravvive male con l’agricoltura di sussistenza e che non ha nessun servizio. Un posto dove si può morire partorendo, come è capitato lo scorso anno alla sorella di Ngima.

A Damar qualcosa è però cambiato negli ultimi tempi. Grazie alla grande tenacia di Ngima sono arrivati i pannelli solari per l’elettricità, una scuola e da qualche mese una piccola clinica con assistenza e farmaci.

Ieri lassù è nato il piccolo che vedete in foto. Madre e figlio stanno bene anche grazie alla presenza di un’infermiera della clinica.

Perchè grandi cose possono essere fatte in piccoli posti.

Salvare il mondo un pezzetto alla volta, si può.