Quei vecchi numeri del 4×1000 ai partiti

Il Governo ha trasmesso alla Camera il testo base ufficiale per la nuova normativa sul finanziamento ai partiti.

Sparisce la norma discussa e discutibile dell’assegnazione anche del cosiddetto inoptato ovvero il “2 per mille” delle imposte di quelli che per distrazione o disinteresse non effettuano alcuna scelta (nel caso dell’8×1000 questa percentuale è quasi del 60%, mentre è solo del 40% con il 5×1000).

Rimangono invece alcune sovrapposizioni contabili ballerine tra la vecchia e nuova normativa. Comunque nel 2017, a regime, il tetto massimo di finanziamento sarà di 55 milioni di euro.

In sostanza in questa forma il 2×1000 assomiglia quasi interamente al vecchio 4×1000 che fu introdotto nel 1997 e “miseramente” ritirato due anni dopo. Un’esperienza disastrosa ma esemplare dell’incapacità legislativa ed organizzativa della politica italiana. Per non dire della malizia.

Schematicamente andò così: con la legge del 2 gennaio 1997 viene introdotto il 4×1000 per finanziare i partiti. In attesa del 30 novembre (data in cui il Ministero delle Finanze è tenuto a comunicare i dati ufficiali) le forze politiche si assegnano 160 miliardi di lire come anticipo.

Nasce però un gran casino con i moduli fiscali. A metà anno quelli che hanno destinato il proprio 4×1000 paiono pochissimi. I partiti protestano e stabiliscono una proroga nella scadenza della consegna al 31 dicembre 1997. Viene anche stabilito che “provvisoriamente” i fondi non verranno assegnati valutando analiticamente l’imposta di chi ha effettuato la scelta, ma moltiplicando il numero dei volenterosi contribuenti per l’imposta media italiana.

L’8 maggio 1998 viene varata una legge in cui è infilato un articolo che assegna ai partiti per quell’anno altri 110 miliardi di lire a titolo sempre di “anticipo”, da restituire eventualmente anche questi quando si conosceranno con certezza i conti ufficiali del 4×1000.

Il 3 giugno 1999 arriva invece un’altra legge sul finanziamento ai partiti, quella dei famosi “rimborsi“. Il 4 per mille va in soffitta ma il legislatore vuol mantenere la parola data: restituiremo gli eventuali soldi in più incassati dalle dichiarazioni dei redditi. Il Ministero delle Finanze è incaricato di riscuotere dai partiti i fondi in eccesso in comode rate decennali a partire dal 2000. Ovviamente dopo aver stabilito ufficialmente quanto avevano deciso di versare alla politica nel 1997 e 1998 i contribuenti italiani.

Di quei conti non si trova ad oggi un’evidenza pubblica, così come della restituzione dei fondi anticipati. Magari giacciono impolverati in qualche cassetto del ministero.

In compenso ci sono stati in questi anni molte stime, numeri non ufficiali, cifre in libertà su quanti italiani effettivamente hanno scelto di versare ai partiti il 4×1000 delle proprie tasse.

Gli unici dati ufficiali di dominio pubblico li ha dati nel gennaio 1999 il ministro Visco, dopo molte sollecitazioni del Parlamento.

Visco scrisse una lettera alla commissione Affari Costituzionali della Camera con questi numeri:

– nel 1997 sono stati 450.000 i contribuenti a finanziare i partiti. Questa cifra moltiplicata per il 4×1000 dell’imposta media (intorno ai 5,5 milioni di lire) porta il conto a circa 10 miliardi di lire (150 in meno di quelli anticipati).

– per il 1998 i dati comunicati sono parziali: su 6,5 milioni di “730” (totale 7,5 milioni) i contribuenti che optarono per il finanziamento ai partiti furono 820.000, mentre sul 7% dei 14 milioni di “Unico” analizzati a scegliere il 4 per mille furono 53.419. A esser generosi e di manica larga in base a questi dati si possono stimare per il 1998 finanziamenti per circa 35 miliardi di lire (75 in meno di quelli anticipati).

Con numeri come questi il nuovo 2×1000 rischia di aver vita corta, se non cortissima.