Racconto di Natale 2005

Cari amici, ma sopratutto amiche, vicini e lontani

Come forse avrete intuito, a meno che non vi siate convertiti all’animismo o abbiate assunto sostanze allucinogene (o entrambi), son qui con la presente per farvi un paio di auguri di Natale.

In cuor vostro, lo so, pensate di esservela cavata con queste due righe e state già con un piede fuori dall’uscio in corsa per gli ultimi regali.

Per vostra sfortuna però, il sottoscritto, quest’anno s’è fatto previdente avendo acquistato tutta la mercanzia natalizia, per corrispondenza, a metà luglio. I fortunati quindi non si sorprenderanno più di tanto nel trovare sotto l’albero il canotto gonfiabile, le pinne olimpioniche e il ventilatore con doppia turbina (mi ringrazierete poi st’estate, ingrati ) e ovviamente il mai tramontato tanga leopardato.

E così mentre voi starete immersi nel girone infernale dei servizi da the in similporcellana per la zia di Cuneo , mentre lotterete senza risparmiarvi colpi bassi (alias calci nei maroni) per l’ultima copia del libro di Bruno Vespa (perchè a Natale un regalo per uno che vi sta sulle balle si trova sempre), mentre nella fretta dell’ultimo minuto acquisterete l’intera serie delle tartarughe Ninja per la vostra adorata nipotina e un set di BarBie Laperonzola per il vostro nipotino (spacciando il tutto, a pacchi ormai aperti, con la storica “ho voluto stimolare il suo lato femminile”) , ebbene mentre voi dovrete affrontare tutto questo, io me ne starò qui al caldo, intento nel rito. Quel rito che in barba a tutti i benedetti babbi natale rampicanti, in saccoccia a tutte le luminarie in stile Little Italy della sfera terracquea, allieta da sempre i cuori di grandi e piccini: il presepe.

Così anche quest’anno mi son messo qui con tutto l’armamentario pronto a ricomporre, pezzo per pezzo, una delle storie più vecchie dell’umanità ( e anche per questo qui liberamente citabile non essendo più coperta da copyright).
In primis, muschio in funzione di prato. Dotazione ormai ridotta all’esseziale da quel Natale in cui ad un amico un po’ alternativo, incantato davanti alla mia creazion, spiegai che “sì, insoma quella è l’erba”. L’espressione “andare in fumo” mai fu più azzeccata.

Segue carta stagnola in doppio ruolo di cielo stellato e laghetto tranquillo. Quest’ultima parte assunta solo nel 1988 a seguito di un disdicevole episodio di folgorazione in danno della prozia ottantenne che inavvertitamente aveva scambiato lo specchio d’acqua in carne ed ossa, per un’acquasantiera. La calda e avvenieristica termocoperta appena ricevuta in dono ha fatto il resto.

Indi, vengono i teneri pastorelli. Causa crisi della pastorizia, quote latte ed epidemie spungiformi varie la truppa originaria si è ridotta da 10 a 4 unità. Per sopperire alla mancanza, al posto dei sei pezzi che hanno preso il volo, sono stati precettati e inseriti nella sacra rappresentazione, nel corso degli anni, i seguenti elementi : un omino del subbuteo maglia numero 17, un puffo di cm 2 (per la precisione puffo di sesso femminile denominato “Puffetta” ) con segni di leggero masticamento agli arti inferiori, una statuina fluorescente della madonna di Lourdes poi scartata perchè in evidente concorrenza con altro personaggio del cast, un guscio in plastica gialla di ovetto kinder senza sorpresa, una biro turistico-promozionale marcata “Saluti da Sorrento” ricordo della prozia folgorata anzitempo, ed infine una pecora sottratta all’ovile e promossa sul campo a miglior ruolo.

Viene poi il turno della capanna. Capanna e non più grotta, si precisa, in seguito ad accertamento ICI da parte del Comune che ne ha stabilito la corretta (e più lussuosa) categoria , vista anche la presenza di riscaldamento autonomo (bue e asino). A seguito di tale provvedimento ci siamo sentiti liberi, in accordo con gli inquilini (il falegname e la moglie) di tirare su un paio di piani per un totale di 237 mq e avvalerci seduta stante del condono edilizio.

E’ poi la volta di tirare fuori i tre Re Magi. In seguito all’approvazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, con lungimiranza, abbiamo optato per una soluzione alternativa. Valutando che tre personaggi di colore, provenienti dal Medio Oriente e carichi di doni non avrebbero passato i controlli al metal detector di Malpensa prima del giugno 2006, sono state ingaggiate in sostituzione tre volenterose badanti ucraine. Una delle quali, la meno avvenente, si presterà il 6 gennaio anche per ruolo alternativo.

Poi, poi… tocca alle lucine. Una cosa sobria, tre-quattrocento lampadine intermittenti, che se ti svegli la notte per andare al cesso o a bere, giuri e spergiuri con familiari e amici di aver sentito distintamente, lì in mezzo al muschio, un omino che diceva “TE-LE-FO-NO CA-SA”. Le prime sono state comprate nel lontano 1976, con tecnologia al cherosene, le ultime, l’anno scorso, alla bancarella del cinese perchè, capperi, questo qui è un presepe multietnico,mica storie.

Ma il tempo del presepe corre veloce. La scena è quasi completa. Tutti sono al loro posto, il bue e l’asinello, Giuseppe e Maria, il puffo e l’ovetto kinder. Ora c’è la mangiatoia che aspetta visite, aspetta il pezzo da novanta, aspetta lui.

Aspetta uno che pare trasformerà l’acqua in vino (e già per questo ti sta simpatico), uno che moltiplicherà i pesci e resusciterà i morti (e fortunatamente non il contrario), uno che dirà “ama il prossimo tuo come te stesso” ma che poi alla fine, dopo trentatre anni, metteranno in croce in compagnia di due ladroni.

Aspetta uno che in fondo qui nel presepe è solo un bambino e tutto il resto non conta. E’ ora quindi di metter giù il cinno, perchè si goda un buon Natale come spero ve lo godrete voi, magari non passandolo in una mangiatoia ma con lo spirito dei vostri otto anni quello, spero proprio di sì.

Per il resto auguri e tenete vostra zia lontana dal laghetto.

Con affetto, peace & love.