Urbani d’America, arriva il Pirate Act

Peccato non sia più fra noi la buonanima di Salvatore Bono, meglio conosciuto come Sonny. Se non si fosse schiantato con gli sci contro un albero un pomeriggio di gennaio del 1998 sulle montagne al confine tra California e Nevada, molto probabilmente sarebbe qui a mettere faccia e nome sulle nuove norme all’esame del Congresso che fanno intravedere tempi duri, molto duri (anche dietro le sbarre) per chi scambia materiale protetto nelle reti P2P.

Uno dei due provvedimenti è stato ribattezzato “Pirate Act” ed è stato presentato da una vecchia conoscenza, il senatore Orrin Hatch. Rispolvero per l’occasione qualcosa che avevo scribacchiato sul sudetto ai tempi del Sonny Bono Copyright Term Extension Act:

“….Sonny era un sincero e accorato sostenitore del diritto d’autore, ma non era nè il primo nè il più influente congressman impegnato nel progetto di estensione del copyright. Era insomma una sorta di Cirami d’oltreoceano mandato avanti dai boss del Congresso e dalle ingombranti lobby di Hollywood. Con la differenza che, come diceva Francesco Guccini, “gli americani con la lingua ci fregano” e Sonny indiscutibilmente suona molto meglio di Melchiorre.

Dietro all’ex cantante si muovono vere e proprie “vacche sacre” dell’establishment. Il primo a presentare un disegno di legge nel merito è stato nel 1995 il senatore dello Utah Orrin G. Hatch, chairman del comitato sulla proprietà intellettuale. Il vero padre del Copyright Extension Act. Uno che bazzica dalle parti del Campidoglio dal 1976. Repubblicano che più repubblicano non si può: bianco, religiosissimo, abbasso le tasse, viva le pistole. Un unico strappo al copione : la vena poetica riversata come paroliere in sette album che presumibilmente non verranno trasmessi ai posteri.

Ma l’apparenza non inganni, il senatore ha uno spirito molto pratico ed è consapevole che qui non si sta parlando di quattro canzonette, ma della seconda voce dell’export americano. Un settore che da solo rappresenta il 6% del PIL e dà lavoro al 5% di americani , facendo degli Stati Uniti di gran lunga il primo produttore di copyright al mondo. Roba per cui, di questi tempi, ci si può organizzare anche una guerra…..”