L’enciclopedia dei matti italiani

Qualche anno fa Diario s’era messo a pubblicare “l’Enciclopedia dei Matti Italiani” a cura di Roberto Alajmo bravo giornalista Rai. “Non è una raccolta di barzellette sui pazzi. Non è una palestra di pietismi a buon mercato”. Se non ricordo male, Alajmo decise poi di interrompere l’opera. Era una buona lettura. Chi vuole passi parola.

Qui si racconta di quelli di Bologna : Uno ferma le persone per strada e chiede se hanno un minuto. Se ce l’hanno, domanda se vogliono comprare una poesia. Dopo averla ascoltata, però. Legge quindi ad alta voce la poesia in questione e, se interessa, consegna un foglietto in cui i versi sono messi in calligrafia e firmati: Cigarini Marco. Ogni poesia viene fra le due e le diecimila. Una si chiama Malandrino e una Pluff:

Ha fatto pluff.. l’ermellino

Nello stagno delle oche

Accarezzare i sogni delle trote

Non è reato.

Uno suona la chitarra in piazza Maggiore, mangia cinque chili di vegetali al giorno e spacca le borse dell’acqua calda soffiandoci dentro.

Una vende fiori e si veste del colore dei fiori che vende quel giorno. Dicono che in realtà è ricca, e che lo fa per passione, perché la sera ai ristoranti per vendere fiori ci va in tassì. La notte non riesce a dormire, e allora si affaccia per inveire contro quelli che passano sotto la sua finestra.

Uno è il Pendolino, che si mette appoggiato a un muro vicino porta San Felice e dondola il busto per ore e ore. Stacca per pranzo e riprende il pomeriggio. Sul muro adesso c’è persino un alone più scuro in corrispondenza del posto dove si mette.

Uno dei tre bambini che allo Zecchino d’Oro cantavano:

Tre corsari, tre corsari

Se ne van pei sette mari

I corsari sono tre

E i pirati trentatré

ora va a bere al Moretto. Ha la barba e i capelli lunghi, e guarda con un sorriso che non si capisce.

Uno fa comizi di solito in via Zamboni. Si porta dietro un banchetto, ci sale sopra e dopo un poco davanti a lui si raduna una piccola folla di studenti. Dice cose abbastanza sensate su un argomento ogni volta diverso, ma sempre urlando a squarciagola. Alla fine chiede se ci sono interventi e apre il dibattito.

Uno era Sergio, che veniva dalla provincia di Messina e fu ricoverato a Villa Olimpia. C’era che rimaneva per mezze ore immobile, zitto, in posizioni oltretutto scomode.

Lo convinsero a fare una passeggiata solo dopo sei giorni da che era arrivato. Era di sera, e una volta fuori si immobilizzò a testa in su, a guardare il cielo, in silenzio.

Il medico che l’accompagnava gli segnalava ogni tanto una stella più luminosa, fino a quando, senza preavviso alcuno, Sergio per la prima volta parlò: e disse che non di stella si trattava, ma di Giove, spiegando il perché e il percome invece era un pianeta.

Uno cammina con sette o otto pacchetti di sigarette in mano. Alfa o Nazionali. I ragazzini lo fanno apposta, gli chiedono se ha una sigaretta e lui risponde sempre che non ne ha.

Uno suona la fisarmonica e gira su una motoape con tutta la sua roba nel cassone. Dice che la motoape gliel’ha data il sindaco.

Uno dritto dritto abita nella zona di via Paolo Fabbri. Ha i capelli lunghi e va sempre scalzo, vestito di blu, con dei pantaloni a zampa d’elefante tagliati con le forbici. Si fa chiamare Cristo o Gesù, a secondo dei giorni.

Non lo vogliono più nemmeno al dormitorio pubblico perché fa sempre casino. Dice a tutti: – Pentiti, peccatore!

Fa dei piccoli sermoni accigliati, con una copia della bibbia in mano. Con voce roca saluta le donne anziane dicendo: – Ciao fanciullina. Alle giovani invece dice: – Ti chiaverei. O cose del genere.

Una era la signorina Laura. Andava nel bar dei Petrelli vestita preferibilmente con tende, stracci e tovaglie da tavola. Attaccava bottone con tutti gli uomini che entravano nel locale. Raccontava che in gioventù aveva fatto l’indossatrice e per dimostrarlo improvvisava seduta stante una sfilata.