La coda di Obama

Agli incontri di Barack Obama in New Hampshire ci va un botto di gente.

E il bello delle campagne presidenziali americane è proprio che il possibile futuro presidente degli Stati Uniti si deve infilare dentro la palestra di uno sconosciuto paesino. Di mille paesini.

Lì in mezzo alla gente.

Sì, ci sono i milioni per gli spot televisivi, i dibattiti in tv e c’è internet. Però per gli americani conta ancora qualcosa il contatto fisico.

Vogliono andarlo a sentir parlare il loro possibile comandante in capo. Vogliono sentire il comizio.

Ah il comizio. Chi lì vede più in italia. Da noi c’è Porta a Porta o al massimo si fanno le adunate di popolo su quei megapalchi tirati a lucido.

Qui, dietro Obama (o agli altri), sui palchi di provincia alti un metro, non ci vedi la selva oscura e imbalsamata di ministri, sottosegretari, presidenti di provincia o consiglieri comunali. Qui ci vedi vecchiette arzille, ragazzi in t-shirt, signori di mezza età in polo pastello e cappellini improbabili.

Sì, lo so, non è tutta improvvisazione. Molto spesso sono gli attivisti locali e c’è anche la mano dei curatori di immagine: far vedere il candidato come una persona normale, in mezzo alla gente normale. A me comunque fra sempre un certo effetto.

Ma la cosa che risulta davvero improbabile ad un occhio italiano è in verità un’altra ed è quella che da il titolo a questo post.

Guardatevi le le lunghe ed ordinate code di Obama e poi pensate alla stessa scena in Italia.

Se ci riuscite.