Tibet : un giorno nella vita, a 5700 metri

<%image(cho oyu tribe feet.jpg|450|600|cho oyu pepito sbazzeguti)%>Domandate: la vita al campo base ? Un Club Mediterranee, senza Mediterranee e forse senza Club.

Se non c’e’ da andare ai campi alti, la giornata comincia intorno alle 9.00 con la colazione.

Se state pensando: “oh ma ve la prendete comoda !”, fate conto che l’ora e’ quella di Pechino ma il sole tende a fregarsene dell’orario ufficiale cinese e a sorgere un po’ per i fatti suoi.

Per colazione ampia scelta: the, caffe’, miele, chapati, marmellata, uova, musli. Frullate tutto insieme e otterrete la colazione Cho Oyu 2008. Davvero nulla da invidiare a cappuccino e cornetto al bar. Manca il quotidiano da sfogliare perche’ pare che il servizio consegna yak non sia cosi’ puntuale.

Continua..

ps: per chi guarda la foto, si ricordi sempre di Pepito Sbazzeguti.

Internet e Himalaya

Visto che le domande sono tante, questa e’ la prima di una serie di puntate dedicate agli aspetti tecnologici del blog piu’ alto del mondo.

Quando siamo partiti immaginando questa cosa un po’ stramba del blog piu’ alto del mondo, il primo pensiero e’ stata la fatica.

Oh si’, la fatica.

La fatica di fare su e giu’ per le montagne (e che montagne) con dentro lo zaino e sul groppone computer, modem e tutto l’ambaradam.

Quindi ci siamo detti : andiamo leggeri !

Il secondo pensiero e’ stato : non spendiamo una follia.

In quei giorni nella Rete italiana di diceva un gran bene di un piccolo “coso” portatile, semplice, leggero (meno di un chilo), essenziale e ad un prezzo abbordabile (300 euro).

Era l’EEEPC di Asus.

Continua qui.

Piccolo circo Cho Oyu

Italiani, Coreani e il fritto misto della spedizione americana che conta anche australiani, francesi, norvegesi e chissa’ cos’altro.

Sembriamo tutti un piccolo circo di provincia che ogni sera ed ogni mattina monta e smonta tende e tendoni, baracca e baracconi. Non avremo belve ammaestrate, pitoni o elefanti ma un sacco di yak pelosi, quelli si’.

Noi poi abbiamo il tende e tendoni ci lo smontiamo e montiamo tutto da soli.

Stasera siamo al “middle camp” (5.300 metri). Domani, se tutto gira, il circo si fermera’ una ventina di giorni al campo base avanzato (5.700).

Di li’ in su e’ il turno degli acrobati.

Altre cose, se vi va, le trovate come sapete su The Highest Blog

Alla fine, Tibet

Good morning.
Good afternoon.
No, good morning, ripeto guardandomi il polso.
Good afternoon e poi il poliziotto cinese che scruta il mio passaporto mi indica l’orologio sul muro.

La Cina ha portato in Tibet anche il fuso orario di Pechino. Sei ore avanti rispetto all’Italia. Due ore e un quarto in piu’ di Kodari, Nepal che sta li sotto a qualche metro.

Telecamere ovunque alla frontiera di Zagmu. Lo zaino passa sotto lo scanner, la doganiera si distrae un poco ad ascoltare noi che parliamo italiano. Quello che doveva passare e’ passato senza problemi.

Zagmu non e’ piu’ Tibet da molto tempo se mai lo e’ stata. E’ una specie di Chinatown appiccicata al fianco ripido della montagna. I lineamenti tibetani affogano nel mare di visi di etnia Han.

La signora del ristorante dove pranziamo non conosce una parola di tibetano e di inglese. E’ stata catapultata qui da chissa’ quale parte della grande Cina.

Il budello polveroso di Kodari sembra lontano chilometri con tutto questo asfalto. L’impero cura le proprie strade anche nelle province piu’ remote.

La strada si infila nella gola stretta, sotto il correre del fiume. Qui e’ ancora sterrato ma e’ tutto un lungo cantiere. Fra un anno anche questo pezzo di Tibet sara’ asfaltato e la via per Lhasa completa.

Scrivo da Nyalam, 3.700 metri, porta dell’altipiano tibetano.

L’ultimo sole illumina le montagne. Intorno c’e’ finalmente aria di Tibet.