Traslochi

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Un Nepal al giorno

<%image(stupa kathmandu.jpg|900|600|stupa kathmandu)%>Non ho ancora trovato il tempo di mettere ordine tra le molte foto del Nepal per poi farle finire online. Così, visto che da qualche parte bisogna cominciare, procediamo a piccoli passi.

(Come sempre cliccare sulla foto per ingrandire)

Navigare come un turco

Sono stato tentato, per un qualche decimo di secondo, di chiedermi a voce alta come un paese come la Turchia, candidato all’entrata nella Unione Europea, possa proibire da un giorno all’altro l’accesso totale a Youtube.

Poi, in quegli stessi decimi di secondo, ho realizzato che in fondo io vivo in un posto dove per entrare in un internet cafè devi mostrare la carta d’identità, dove i siti si oscurano (inutilmente) perchè non graditi ai Monopoli di Stato e dove il ministro dell’istruzione invoca per la Rete italiana una “cura cinese“.

Ho deciso che da oggi certe domande me le faccio a voce bassissima.

Angelo Bagnasco dica lo giuro

Vi ho raccontato di Camillo. Oggi il posto glielo soffia l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco e quasi quasi mi prende già un po’ di nostalgia. Nostalgia canaglia, se volete.

Eh sì perchè la nomina a presidente della Cei dell’Ordinario Militare per l’Italia (ovvero vescovo dei cappellani militari) non è una di quelle cose che preannuncia bel tempo. Almeno da queste parti.

Parti, ben inteso, che vagano preferibilmente attorno al pensiero di Don Milani che non a quello di don Mariano Asunis.

Credo che, pur con tutti gli sforzi, manifesterò un certo calo d’attenzione ogni volta che il nuovo Presidente della Cei indicherà cosa è giusto o no per noi cattolici e per il popolo italiano.

Distratto non tanto dalla domanda su quanto incassa di pensione il Tenente Generale Angelo Bagnasco dal Ministero della Difesa, ma piuttosto concentrato nell’immaginare quella scena del Giuramento nelle mani di Carlo Azeglio Ciampi l’8 luglio del 2003 al Quirinale, con la formula di rito :

Davanti a Dio e suoi Santi Vangeli, io giuro e prometto, siccome si conviene a un Vescovo, fedeltà allo Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio clero il Capo dello Stato italiano e il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato”.

“Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo, né assisterò ad alcun consiglio che possa recar danno allo Stato italiano e all’ordine pubblico, e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni.
Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di evitare ogni danno che possa minacciarlo”.

Chissà se questo giuramento è compatibile con la presidenza della Cei. Chissà.

Il senatore e Greenwich

Quando, con molta soddisfazione di Mirko Tremaglia, ci siamo dotati dei rappresentanti eletti dagli italiani all’estero, non avremmo mai immaginato così tanta audience per il filone. In particolare mai avremmo immaginato tanta attenzione per Luigi Pallaro.

Attenzione figlia del destino e dei numeri, che han designato il voto del senador venuto dalle Americhe, come un voto pesante. E non poco.

In effetti le decisioni e le parole di Luigi Pallaro pesano, anche in rapporto a quanto poco decida e poco parli. Almeno in Parlamento.

Dati alla mano l’unico disegno di legge che ha presentato in questi 10 mesi di legislatura è una modifica ad un articolo sulla legge per ottenere cittadinanza italiana. Era il 13 luglio 2006.

Poi ha cofirmato un altro provvedimento proposto per primo da Lucio Stanca per l’introduzione di una commissione bicamerale per l’innovazione. Era il 14 luglio 2006. Già che uno è in zona, firma volentieri.

Di mozioni ne ha invece cofirmate tre in tutto : una per includere Israele nella Nato, una per includere Israele nella Unione Europea, una per includere molto probabilmente se stesso in una commissione parlamentare per gli italiani all’estero. Mozioni datate 3 ottobre 2006. Il tempo si sa, oltre a essere denaro è anche pochino, meglio ottimizzare.

L’unico intervento in Aula che rimane agli archivi è la dichiarazione di voto in fiducia del Governo Prodi.

Trentacinque righe per tre minuti scarsi di discorso. Era il 19 maggio 2006. Ieri per la seconda fiducia a Prodi ha votato ma non parlato.

Nella sua commissione di competenza invece (industria, commercio,turismo) ai posteri finora è rimasto il solo intervento del 14 giugno 2006: conversione di decreto legge. Seduta aperta alle 14.30 e chiusa alle 16.15.

Del resto che possiamo pretendere: a ottantanni suonati il jetlag può giocare brutti scherzi. Meglio prenderla con calma.

Si tenga il Resto

Nell’ampio dibattito in corso (da parecchio) sulla crisi della carta stampata e del rapporto del giornalismo tradizionale con la Rete, si inserisce oggi il fondamentale quanto esilarante contributo dell’editore Andrea Monti Riffeser.

Uno non si aspetterebbe di divertirsi così tanto a leggere la pagina numero ventuno del “Sole 24 ore”. Ed invece.

Riffeser si oppone con vigore alla visione del suo “collega” editore Arthur Sulzberger (New York Times) di recente espressa in una nota intervista.

Per il nostro “il web non ucciderà i giornali” perchè in sintesi :

Full Color. Il web ha pochi costi ma noi, se permette, abbiamo le rotative full color che fanno i giornali tanto belli e colorati.

La nuova guida TV. I quotidiani diventeranno le nuove guide del web come accade con la tv perchè “c’è gente che naviga ore su internet senza guida”.

Fate pubblicità sui giornali. “Uno su internet può anche cliccare quello che vuole, ma se poi non va a comprare ? …Solo il giornale ha una forte fideizzazione con i propri lettori che lo vanno a comprare in edicola, questo dà più forza anche alla pubblicità pubblicata”.

Il New York Times fa schifo. “Il New York Times mi pare davvero un giornale vecchio, con una qualità di stampa bruttina, un’impaginazione improponibile e con la pubblicità che sovrasta gli articoli. Che tra l’altro sono illeggibili”

Ecco, per chi non lo sapesse e solo a titolo di precisazione, Andrea Monti Riffeser è l’editore del del terzetto Resto del Carlino, La Nazione e Quotidiano Nazionale.

Notoriamente tre bibbie del giornalismo mondiale e con siti dove la pubblicità non sovrasta affatto le notizie.